IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. 1.1. - Con ricorso depositato il 4 agosto 1994 nella cancelleria della pretura di Bologna la ricorrente signora Laura Alberani Garagnani ha convenuto in giudizio l'Inps per chiedere la riliquidazione del proprio trattamento previdenziale. La ricorrente esponeva in linea di fatto: di essere titolare di una pensione di anzianita' concessale, a sua domanda, dall'agosto del 1978, e per la quale percepiva un importo mensile di L. 735.000 circa; di avere lavorato ininterrottamente presso la ditta Ducati dal 1939 al 1967; che prima di aver maturato, nel 1980 al compimento del 55 anno di eta', i requisiti per l'attribuzione della pensione di vecchiaia, era stata costretta a rinunziare al lavoro per necessita' familiari, ed aveva continuato i versamenti nella forma della prosecuzione volontaria; che in data 12 marzo 1990 aveva richiesto l'applicazione del principio dettato nella sentenza della Corte costituzionale 20 marzo 1989, n. 307, e la riliquidazione del proprio trattamento, in quanto in virtu' della sola contribuzione obbligatoria versata in costanza di rapporto di lavoro avrebbe potuto ottenere una pensione di gran lunga superiore a quella che le veniva erogata; che gli organi amministrativi dell'istituto non avevano accolto la sua domanda. In linea di diritto la ricorrente, dopo avere sottolineato l'avvenuto esperimento di tutti i ricorsi amministrativi, rilevava: che quando era andata in pensione nel 1978 per il calcolo delle pensioni decorrenti da data posteriore al 31 dicembre 1978 si consideravano le ultime 520 settimane di contribuzione; che nel suo caso i periodi contributivi in questione erano costituiti esclusivamente da contribuzioni volontarie di modesto ammontare; che, d'altra parte, le contribuzioni volontarie erano irripetibili, e nel suo caso risultavano, in pratica, erogate invano; che invece era principio generale che in caso di prosecuzione volontaria dell'assicurazione generale obbligatoria da parte del dipendente che avesse gia' conseguito, in costanza di rapporto di lavoro, la prescritta anzianita' assicurativa e contributiva, la pensione liquidata non potesse comunque essere inferiore a quella che gli sarebbe spettata al raggiungimento dell'eta' pensionabile sulla base della sola contribuzione obbligatoria; che il ricalcolo doveva essere effettuato anche nel caso del titolare di pensione di anzianita' che avesse maturato il diritto alla pensione di vecchiaia; che sulla disciplina della pensione di vecchiaia era intervenuta la decisione della Corte costituzionale n. 574 del 1987 che imponeva di considerare la sola contribuzione obbligatoria se, nel concorso con quella volontaria, consentiva al pensionato di conseguire una rendita piu' vantaggiosa; che con successiva sentenza n. 428/1992 la Corte costituzionale aveva ribadito il medesimo principio anche per le pensioni di anzianita; che le innovazioni introdotte nel sistema normativo dalle pronunzie della Corte costituzionale dovevano essere applicate in tutti i procedimenti in corso; che dunque doveva essere riconosciuto al pensionato il diritto di fruire del trattamento pensionistico per lui piu' favorevole. Premesso tutto questo la signora Alberani chiedeva che l'Inps fosse condannato a riliquidarle e a corrisponderle il trattamento assicurativo corrispondente a quanto maturato per la sola contribuzione obbligatoria ottenuta in costanza di rapporto di lavoro. In subordine chiedeva che venissero rimesse alla Corte costituzionale le disposizione della legge n. 153 del 1969 indicate nel ricorso. Chiedeva infine gli interessi e la rivalutazione monetaria. 1.2. - Si costituiva il convenuto Inps opponendosi alla domanda, di cui chiedeva il rigetto. In subordine, e salvo gravame, eccepiva la prescrizione decennale delle quote ricalcolate di ratei pensionistici e la prescrizione legale degli interessi legali sui medesimi. Dopo aver eccepito l'inamissibilita' della domanda, nel merito l'Istituto assicuratore rilevava che la ricorrente fondava le proprie difese su due sentenze della Corte costituzionale, esattamente le nn. 307 del 1989 e 428 del 1992, che avevano entrambe dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 8, della legge n. 297 del 1982, riguardante norme in materia pensionistica. Invece la pensione fruita dalla ricorrente decorreva dal 1978 e non poteva essere stata liquidata in applicazione della disposizione di cui era stata dichiarata l'incostituzionalita', entrata in vigore nel 1982. In realta' invece la fattispecie era regolata dagli artt. 22 e 14 della precedente legge n. 153 del 1969. Ne' era ammissibile un'estensione del giudicato costituzionale concernente norme successive. In secondo luogo, sempre nel merito, l'Inps osservava che le sentenze della Corte costituzionale richiedevano che il lavoratore avesse gia' conseguito in costanza di rapporto di lavoro la prescritta anzianita' assicurativa e contributiva perche' la pensione liquidatagli non potesse comunque essere inferiore a quella che gli sarebbe spettata al raggiungimento dell'eta' pensionabile sulla base della sola contribuzione obbligatoria, e che invece la ricorrente non aveva conseguito in costanza del raoporto di lavoro la prescritta anzianita' assicurativa e contributiva. La signora Alberani fruiva infatti di una pensione di anzianita' per l'erogazione della quale erano richiesti normalmente 35 anni di contribuzione, mentre l'interessata aveva lavorato soltanto dal 1939 al 1967, per 28 anni, ed aveva raggiunto, a 54 anni, i requisiti richiesti dalla legge per la pensione di anzianita' solo avvalendosi della contribuzione volontaria. 1.3. - Con sentenza emessa all'udienza del primo marzo 1995, e depositata in cancelleria con la motivazione il 10 aprile successivo, il pretore di Bologna respingeva la domanda dell'assicurata rilevando come non le fosse applicabile il principio di diritto enunciato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 307 del 1989 e n. 428 del 1992 dato che la ricorrente aveva raggiunto i requisiti di legge per fruire della pensione di anzianita' solo in base alla contribuzione volontaria, mentre tali requisiti non erano sussistiti in costanza di rapporto di lavoro. La signora Alberani ha proposto impugnazione, con ricorso in appello depositato il 26 luglio 1995, riproponendo le domande e le argomentazioni disattese dal primo giudice. Si e' costituito l'Inps con memoria di costituzione e difesa, notificata, nella quale ribadiva le proprie difese e le proprie argomentazioni, e proponeva a sua volta impugnazione incidentale per chiedere dichiararsi l'inammissibilita' della domanda dell'appellante, mentre nel merito chiedeva invece la conferma delle rimanenti parti della sentenza stessa. Con ordinanza a verbale di udienza del 5 febbraio 1997 il Collegio invitava le parti ad intervenire per iscritto sul problema della possibile illegittimita' costituzionale degli artt. 14 e 22 della legge n. 153 del 1969, sulla base dei quali era stata liquidata la pensione alla signora Alberani. La parte appellante depositava note difensive autorizzate sul punto. Infine all'udienza successiva del 4 giugno 1997 le parti discutevano oralmente la questione di illegittimita' costituzionale prospettata e al termine il Collegio si riservava di deliberare sul punto. 2.1. - Sulla materialita' dei fatti non vi sono contestazioni. Conviene comunque riassumere per chiarezza i punti rilevanti, come emergono dalla documentazione in atti. La signora Alberani Laura Garagnani (cosi' denominata nel certificato di pensione, agli atti dell'interessata, doc. n. 1), nata il 21 agosto 1924, ha conseguito il pensionamento in categoria VO - come risulta dal certificato stesso - a partire dal primo agosto 1978. Come risulta da comunicazione Inps del 5 agosto 1975 (agli atti dell'appellante, doc. n. 11) a quella data non risultavano accreditati in favore dell'interessata i prescritti 1820 contributi settimanali corrispondenti a 35 anni di contribuzione, ma soltanto 1278 contributi settimanali (in sostanza poco piu' dei due terzi di quelli richiesti), oltre a 252 contributi settimanali per versamenti volontrari. Infatti nel frattempo la signora Alberani era stata autorizzata dall'Istituto, con altra comunicazione senza data (agli atti dell'appellante, doc. n. 9), alla prosecuzione volontaria dell'assicurazione. 2.2. - Non e' contestata in linea di fatto la circostanza che costituisce il punto centrale delle argomentazioni, ed insieme delle richieste, dell'assicurata, che cioe' il trattamento pensionistico che le e' stato liquidato conteggiando anche i contributi volontari (e che percepisce), e' inferiore a quello che le verrebbe attribuito se fossero conteggiati i solo contributi assicurativi obbligatori. 2.3. - Come si e' detto, l'appellante ha conseguito il pensionamento con decorrenza dall'agosto 1978. Cio' significa che non sono applicabili (a tutto concedere, che non sono direttamente applicabili) alla fattispecie concreta le pronunzie della Corte costituzionaie 26 maggio 1989, n. 307, e 10 novembre 1992, n. 428 che sanzionano profili di illegittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione, dell'art. 3, ottavo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297. E' facile rilevare che questa normativa e' successiva al pensionamento dell'appellante, e che il trattamento pensionistico spettante a questa ultima non e' stato liquidato in base ad essa. E' stato liquidato invece sulla base della normativa precedente, in concreto dell'art. 14 della legge 30 aprile 1969, n. 153, cosi' come sostituito dall'art. 26 della legge 3 giugno 1975, n. 160, e specificamente del terzo comma di esso. Si tratta di valutare se anche per questa norma sia manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale, con riferimento agli stessi articoli 3 e 38 della Costituzione (o, in ipotesi, ad altre norme costituzionali). Sia il terzo comma dell'art. 8 della legge n. 297 del 1982, che l'art. 14 della legge n. 153 del 1969 concernono le modalita' di calcolo dei trattamenti di pensione, e specificamente - per quanto interessa ai fini di questa controversia - la determinazione dei periodi di contribuzione da assumere a base della retribuzione annua pensionabile (da cui calcolare poi, rapportandola al numero di anni di contribuzione ed all'indice di rendimento, il trattamento concreto da erogare al pensionato). Riassuntivamente nel sistema dell'art. 14 della legge n. 153 del 1969 (come modificato dalla legge n. 160 del 1975) si prendevano a base, per il calcolo delle pensioni decorrenti, come appunto quella della signora Alberani, da data posteriore al 31 dicembre 1975 i tre migliori anni (per l'esattezza i tre migliori gruppi di 52 settimane) di contribuzione tra gli ultimi dieci, mentre nel sistema dell'ottavo comma dell'art. 3 della legge n. 297 del 1982, si fa riferimento alle "ultime 260 settimane (in concreto agli ultimi cinque anni) antecedenti la decorrenza della pensione". Va ricordato per completezza che invece il primo ed il secondo comma dello stesso art. 14 concernono le pensioni decorrenti da data successiva al 31 dicembre 1968 (ma anteriore al 31 dicembre 1975) stabilendo che allora si deve fare riferimento ai tre migliori anni (per l'esattezza ai tre migliori gruppi di 52 settimane) di contribuzione tra gli ultimi cinque. 2.4. - Tenuto conto degli importi spesso modesti dei versamenti effettuati dagli assicurati a titolo di contribuzione volontaria, e' evidente che la situazione di fatto lamentata dalla signora Alberani, di un minore importo del trattamento pensionistico liquidato sulla base di tutti i contributi versati, e percio' anche di quelli volontari, rispetto a quanto sarebbe stato liquidato invece tenendo conto soltanto, a questi fini, dei contributi obbligatori, si puo' verificare non soltanto nell'ipotesi - gia' sanzionata dalla Corte costituzionale con le citate pronunzie n. 307 del 1989 e n. 428 del 1992 - di applicazione dell'ottavo comma dell'art. 3 della legge n. 297/1982 (con conseguente riferimento agli ultimi cinque anni di contribuzione), ma anche nell'ipotesi, che e' oggetto di causa, di applicazione del terzo comma dell'art. 14 (modificato) della legge n. 153/1969 (con conseguente riferimento ai tre migliori anni di contribuzione tra gli ultimi dieci), come pure in quella - per la verita' estranea al presente giudizio - di applicazione del primo e del secondo comma dello stesso art. 14 (modificato) della legge n. 153/1969 (con conseguente riferimento ai tre migliori anni di contribuzione tra gli ultimi dieci). In realta' qualunque sia il sistema di calcolo puo' verificarsi infatti che i versamenti effettuati a titolo di contribuzione volontaria, anche recenti ma di modesto importo unitario, risultino meno elevati di versamenti, piu' lontani nel tempo ma piu' consistenti, effettuati a titolo di contribuzione obbligatoria nel corso della prestazione di lavoro. Sotto un diverso profilo, e' evidente che situazioni questo tipo possono verificarsi sia quando sia stata liquidata una pensione di anzianita', come quella ottenuta dalla signora Alberani nel 1978, a 54 anni, sia quando venga liquidata invece una pensione di vecchiaia, quale l'appellata avrebbe avuto diritto di conseguire - secondo le norme vigenti all'epoca - l'anno successivo al compimento dell'eta' pensionabile dei 55 anni. Va ricordato in proposito che le pensioni sia di anzianita' che di vecchiaia sono soggette ad un medesimo sistema di liquidazione, e che anzi per l'art. 22 della stessa legge n. 153 del 1969 (articolo non modificato ne' dalla legge n. 297/1982, ne' - per quanto qui interessa - da altre norme successive) dispone, al sesto comma, che "la pensione di anzianita' e' equiparata a tutti gli effetti alla pensione di vecchiaia quando il titolare di essa compie l'eta' stabilita per il pensionamento di vecchiaia". 3.1. - Le ragioni che sono alla base delle decisioni, di dichiarazione di parziale illegittimita' costituzionale dell'art. 3, ottavo comma, della legge n. 297/1982, adottate dalla Corte con le gia' piu' volte citate pronunzie n. 307/1989 e n. 428/1992, sembrano potersi estendere al caso dell'art. 14 della legge n. 153/1969, e specificamente del terzo comma di esso. Le fattispecie risultano sostanzialmente parallele, assimilabili tra di loro ancorche' diverse. Ne' appaiono (ne' sono state prospettate) differenze sostanziali tali da giustificare l'adozione di soluzioni differenti. Puo' essere ribadito che tutti i vari sistemi di liquidazione che si sono succeduti nel corso degli anni non contengono clausole di salvaguardia che valgano a tutelare l'assicurato dal rischio che in sede di liquidazione una determinazione della retribuzione annua pensionabile basato sull'intera contribuzione anche volontaria porti ad un risultato meno favorevole di un calcolo che faccia riferimento invece alla sola contribuzione obbligatoria. Logica vuole che, se ed in quanto la possibilita' di un simile risultato comporti una parziale illegittimita' costituzionale di una certa norma che stabilisce un determinato sistema di calcolo, debba comportare ugualmente l'illegittimita' costituzionale parziale di un'altra norma, che stabilisca un calcolo differente, ma ugualmente sottoposto al rischio di portare a quel medesimo risultato. Per questo aspetto - in sostanza per quel che interessa ai fini della presente controversia - non risultano (ne' sono state prospettate) effettive differenze tra i sistemi di calcolo che si sono succeduti nel tempo. 3.2. - Per la verita' un sistema di liquidazione, come quello da applicare nel caso di specie, che, in presenza di una contribuzione obbligatoria di identica entita' come durata e come misura, possa portare ad un risultato meno favorevole (e non invece piu' favorevole) per il lavoratore assicurato quando a questa contribuzione obbligatoria si sommi una contribuzione volontaria sembra collidere in realta' sotto piu' profili con molteplici norme costituzionali. Appare in contrasto evidente, innanzi tutto, con l'art. 3 della Costituzione sulla parita' di trattamento dei cittadini di fronte alla legge, e percio' sulla illegittimita' di differenze di trattamento privi di una base di ragionevolezza. Non vi e' ragione perche' due lavoratori ottengano un trattamento differente di fronte ad una contribuzione, obbligatoria ed imposta per legge, identica per durata e per misura. Tanto meno puo' essere ragione di un trattamento meno favorevole l'avvenuta prosecuzione dell'assicurazione con il versamento di contributi ulteriori su base volontaria; come si legge nella sentenza della Corte costituzionaie n. 428 del 1992 e' "irragionevole un depauperamento del trattamento pensionistico dovuto alla contribuzione volontaria aggiunta a quella obbligatoria rispetto a quello ottenibile con la sola contribuzione obbligatoria". La prosecuzione dei versamenti su base volontaria potrebbe giustificare semmai un trattamento piu' favorevole, l'erogazione di una pensione piu' elevata (senza, forse, che quest'ultimo debba essere considerato un risultato costituzionalmente necessario, che, in altri termini, in presenza di un sistema razionale di calcolo, debba comunque essere assicurata a chi abbia effettuato versamenti volontari un trattamento pensionistico piu' favorevole rispetto a chi - a parita' di contribuzione obbligatoria - non ne abbia effettuati versamenti, o non sia stato autorizzato alla prosecuzione volontaria dell'assicurazione). 3.3. - Esaminato sotto un diverso profilo un sistema che non assicuri a tutti i lavoratori un trattamento pensionistico dello stesso importo in presenza di un'identica quantita' e qualita' di lavoro prestato, e percio' di contribuzione assicurativa obbligatoria, senza che un diverso trattamento piu' favorevole sia giustificato da ulteriori versamenti volontari (o da ulteriori contribuzioni figurative), e che anzi penalizzi la prosecuzione volontaria della contribuzione, sembra collidere inoltre con il primo comma dell'art. 35 della Costituzione, che sancisce la "tutela del lavoro in tutte le sue forme ed appilcazioni", e con il successivo art. 38, secondo comma, a norma del quale "i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita" al verificarsi di una serie di eventi futuri che possono compromettere la loro capacita' di lavoro, tra cui l'invalidita' e la vecchiaia. Come ha scritto la Corte costituzionale nella sentenza n. 307 dell 1989, la contribuzione volontaria mira non soltanto "a far raggiungere i requisiti minimi di anzianita' contributiva per il diritto a pensione", ma anche a "mantenere costante e intangibile in capo al lavoratore, ai fini del pensionamento, il livello retributivo attinto in tutta la sua attivita' lavorativa" (cosi' anche la precedente sentenza della Corte costituzionale, 23 dicembre 1987, n. 574). Come sottolinea la stessa sentenza n. 307/1989, "e' a questo fine che l'art. 9 del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, equipara i contributi volontari a quelli obbligatori, ai fini del diritto alle prestazioni, dell'anzianita' contributiva e della determinazione della retribuzione annua pensionabile". Una simile funzione di "salvaguardia dei contenuti economici della retribuzione pensionabile" - prosegue ancora la stessa pronunzia - viene "evidentemente frustrata ove la contribuzione volontaria consegua l'effetto di farla decrescere, cosi' vanificando le aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attivita'". In questo modo si verifica uno "svuotamento della precipua finalita' della contribuzione volontaria ... che concorre alla completa attuazione della tutela previdenziale garantita dall'art. 38 della Costituzione". 4. - Ne' sembrano sussistere nella fattispecie concreta ragioni o differenze di carattere sostanziale che valgano a qualificarla specificamente ai fini della risoluzione del problema in esame e possano giustificare soluzioni diverse da quelle cui e' giunta la Corte costituzionale con le gia' menzionate pronunzie n. 307 del 1989 e n. 428 del 1992, a proposito del successivo sistema di conteggio introdotto con l'art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982. Il riferimento specifico al trattamento di pensione conseguito in costanza di lavoro, che e' alla base della sentenza di reiezione emessa dal Pretore, e' contenuto in realta' nella pronunzia n. 307/1989 della Corte costituzionale, perche' la fattispecie concreta che aveva dato origine a quel giudizio di illegittimita' costituzionale si riferiva ad un caso in cui il lavoratore aveva maturato il diritto alla prestazione pensionistica gia' nel corso del rapporto lavorativo, ma non e' contenuta invece nella successiva pronunzia n. 428 del 1992. Soprattutto si tratta di un elemento non decisivo, che non vale ad eliminare, o a diminuire, il rilievo delle argomentazioni esposte. Indipendentemente dal fatto che il lavoratore avesse gia' raggiunto gli estremi per il pensionamento in costanza di rapporto di lavoro, o li abbia raggiunti solo dopo, anche a seguito della stessa contribuzione volontaria, rimane sempre uguale l'irrazionalita' di un sistema che, a parita' delle altre condizioni, comporti un trattamento pensionistico deteriore per l'assicurato che abbia aggiunto alla contribuzione obbligatoria ulteriori versamenti a titolo di contribuzione volontaria. Un simile sistema di calcolo appare ugualmente lesivo, oltre che del principio di uguaglianza, anche della tutela del lavoro e delle garanzie previdenziali in favore dei lavoratori, indipendentemente dalla circostanza accidentale che questi ultimi avessero, o meno, maturato i requisiti per il pensionamento gia' durante lo svolgimento della loro attivita' lavorativa. 5. - Appare dunque non manifestamente infondata l'ipotesi di un contrasto della norma che e' necessario applicare per la risoluzione della fattispecie concreta in esame, vale a dire l'art. 14 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (come sostituito dall'art. 26 della legge 3 giugno 1975, n. 160), e specificamente del suo terzo comma, con gli artt. 3, 35, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione. Si deve dunque sollevare questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 14 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (come sostituito dall'art. 26 della legge 3 giugno 1975, n. 160), e specificamente del terzo comma di esso, per violazione degli artt. 3, 35, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione. Di conseguenza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il giudizio deve essere sospeso, si debbono trasmettere gli atti alla Corte costituzionale per quanto di competenza, e si deve ordinare che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai procuratori delle parti costituite, e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.