IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza.
   1.1. - Con ricorso depositato il 4 agosto  1994  nella  cancelleria
 della  pretura  di  Bologna  la  ricorrente  signora  Laura  Alberani
 Garagnani  ha  convenuto  in  giudizio   l'Inps   per   chiedere   la
 riliquidazione del proprio trattamento previdenziale.
   La ricorrente esponeva in linea di fatto:
     di  essere  titolare  di una pensione di anzianita' concessale, a
 sua domanda, dall'agosto del  1978,  e  per  la  quale  percepiva  un
 importo mensile di L. 735.000 circa;
     di  avere  lavorato  ininterrottamente presso la ditta Ducati dal
 1939 al 1967;
     che prima di aver maturato, nel 1980 al compimento del 55 anno di
 eta', i requisiti per l'attribuzione della pensione di vecchiaia, era
 stata costretta a rinunziare al lavoro per necessita'  familiari,  ed
 aveva   continuato   i  versamenti  nella  forma  della  prosecuzione
 volontaria;
     che in data 12 marzo  1990  aveva  richiesto  l'applicazione  del
 principio  dettato nella sentenza della Corte costituzionale 20 marzo
 1989, n. 307, e la riliquidazione del proprio trattamento, in  quanto
 in  virtu'  della sola contribuzione obbligatoria versata in costanza
 di rapporto di lavoro avrebbe potuto ottenere una  pensione  di  gran
 lunga superiore a quella che le veniva erogata;
     che  gli  organi amministrativi dell'istituto non avevano accolto
 la sua domanda.
   In  linea  di  diritto  la  ricorrente,  dopo  avere   sottolineato
 l'avvenuto esperimento di tutti i ricorsi amministrativi, rilevava:
     che  quando  era andata in pensione nel 1978 per il calcolo delle
 pensioni decorrenti  da  data  posteriore  al  31  dicembre  1978  si
 consideravano le ultime 520 settimane di contribuzione;
     che  nel  suo  caso  i  periodi  contributivi  in questione erano
 costituiti esclusivamente  da  contribuzioni  volontarie  di  modesto
 ammontare;
     che,   d'altra   parte,   le   contribuzioni   volontarie   erano
 irripetibili, e nel suo caso risultavano, in pratica, erogate invano;
     che invece era principio generale che  in  caso  di  prosecuzione
 volontaria  dell'assicurazione  generale  obbligatoria  da  parte del
 dipendente che avesse gia' conseguito, in  costanza  di  rapporto  di
 lavoro,  la  prescritta  anzianita'  assicurativa  e contributiva, la
 pensione liquidata non potesse comunque essere inferiore a quella che
 gli sarebbe spettata al raggiungimento dell'eta'  pensionabile  sulla
 base della sola contribuzione obbligatoria;
     che  il  ricalcolo  doveva  essere  effettuato anche nel caso del
 titolare di pensione di anzianita' che  avesse  maturato  il  diritto
 alla pensione di vecchiaia;
     che  sulla disciplina della pensione di vecchiaia era intervenuta
 la decisione della Corte costituzionale n. 574 del 1987 che  imponeva
 di  considerare  la  sola contribuzione obbligatoria se, nel concorso
 con quella volontaria, consentiva al  pensionato  di  conseguire  una
 rendita piu' vantaggiosa;
     che  con  successiva sentenza n. 428/1992 la Corte costituzionale
 aveva ribadito  il  medesimo  principio  anche  per  le  pensioni  di
 anzianita;
     che   le  innovazioni  introdotte  nel  sistema  normativo  dalle
 pronunzie della Corte costituzionale  dovevano  essere  applicate  in
 tutti i procedimenti in corso;
     che dunque doveva essere riconosciuto al pensionato il diritto di
 fruire del trattamento pensionistico per lui piu' favorevole.
   Premesso tutto questo la signora Alberani chiedeva che l'Inps fosse
 condannato   a   riliquidarle   e  a  corrisponderle  il  trattamento
 assicurativo  corrispondente  a   quanto   maturato   per   la   sola
 contribuzione  obbligatoria  ottenuta  in  costanza  di  rapporto  di
 lavoro.
   In  subordine   chiedeva   che   venissero   rimesse   alla   Corte
 costituzionale  le  disposizione della legge n. 153 del 1969 indicate
 nel ricorso.
   Chiedeva infine gli interessi e la rivalutazione monetaria.
   1.2. - Si costituiva il convenuto Inps opponendosi alla domanda, di
 cui chiedeva il rigetto.
   In subordine, e salvo gravame, eccepiva la  prescrizione  decennale
 delle  quote  ricalcolate  di  ratei  pensionistici e la prescrizione
 legale degli interessi legali sui medesimi.
   Dopo aver eccepito  l'inamissibilita'  della  domanda,  nel  merito
 l'Istituto assicuratore rilevava che la ricorrente fondava le proprie
 difese su due sentenze della Corte costituzionale, esattamente le nn.
 307  del  1989  e  428  del  1992,  che  avevano  entrambe dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 8, della legge  n.
 297 del 1982, riguardante norme in materia pensionistica.
   Invece la pensione fruita dalla ricorrente decorreva dal 1978 e non
 poteva  essere  stata liquidata in applicazione della disposizione di
 cui era stata dichiarata l'incostituzionalita', entrata in vigore nel
 1982.
   In realta' invece la fattispecie era regolata dagli artt. 22  e  14
 della precedente legge n. 153 del 1969.
   Ne'  era  ammissibile  un'estensione  del  giudicato costituzionale
 concernente norme successive.
   In secondo luogo,  sempre  nel  merito,  l'Inps  osservava  che  le
 sentenze  della  Corte  costituzionale richiedevano che il lavoratore
 avesse  gia'  conseguito  in  costanza  di  rapporto  di  lavoro   la
 prescritta anzianita' assicurativa e contributiva perche' la pensione
 liquidatagli  non  potesse comunque essere inferiore a quella che gli
 sarebbe spettata al raggiungimento dell'eta' pensionabile sulla  base
 della sola contribuzione obbligatoria, e che invece la ricorrente non
 aveva  conseguito  in  costanza  del raoporto di lavoro la prescritta
 anzianita' assicurativa e contributiva.
   La  signora  Alberani  fruiva infatti di una pensione di anzianita'
 per l'erogazione della quale erano richiesti normalmente 35  anni  di
 contribuzione,  mentre l'interessata aveva lavorato soltanto dal 1939
 al 1967, per 28 anni, ed aveva raggiunto,  a  54  anni,  i  requisiti
 richiesti  dalla legge per la pensione di anzianita' solo avvalendosi
 della contribuzione volontaria.
   1.3. - Con sentenza emessa all'udienza  del  primo  marzo  1995,  e
 depositata in cancelleria con la motivazione il 10 aprile successivo,
 il pretore di Bologna respingeva la domanda dell'assicurata rilevando
 come non le fosse applicabile il principio di diritto enunciato dalla
 Corte costituzionale nelle sentenze n. 307 del 1989 e n. 428 del 1992
 dato  che  la  ricorrente  aveva  raggiunto  i requisiti di legge per
 fruire della pensione di anzianita' solo in base  alla  contribuzione
 volontaria, mentre tali requisiti non erano sussistiti in costanza di
 rapporto di lavoro.
   La  signora  Alberani  ha  proposto  impugnazione,  con  ricorso in
 appello depositato il 26 luglio 1995, riproponendo le  domande  e  le
 argomentazioni disattese dal primo giudice.
   Si  e'  costituito  l'Inps  con  memoria  di costituzione e difesa,
 notificata, nella quale ribadiva  le  proprie  difese  e  le  proprie
 argomentazioni,  e proponeva a sua volta impugnazione incidentale per
 chiedere     dichiararsi     l'inammissibilita'     della     domanda
 dell'appellante,  mentre nel merito chiedeva invece la conferma delle
 rimanenti parti della sentenza stessa.
   Con ordinanza a verbale di udienza del 5 febbraio 1997 il  Collegio
 invitava  le  parti  ad  intervenire  per iscritto sul problema della
 possibile illegittimita' costituzionale degli artt.  14  e  22  della
 legge  n.  153  del 1969, sulla base dei quali era stata liquidata la
 pensione alla signora Alberani.
   La parte  appellante  depositava  note  difensive  autorizzate  sul
 punto.
   Infine   all'udienza   successiva   del  4  giugno  1997  le  parti
 discutevano oralmente la questione di  illegittimita'  costituzionale
 prospettata  e  al termine il Collegio si riservava di deliberare sul
 punto.
   2.1. - Sulla materialita' dei fatti non vi sono contestazioni.
   Conviene comunque riassumere per chiarezza i punti rilevanti,  come
 emergono dalla documentazione in atti.
   La   signora   Alberani   Laura  Garagnani  (cosi'  denominata  nel
 certificato di pensione, agli atti dell'interessata, doc. n. 1), nata
 il 21 agosto 1924, ha conseguito il pensionamento in categoria  VO  -
 come  risulta  dal  certificato  stesso  - a partire dal primo agosto
 1978.
   Come risulta da comunicazione Inps del 5  agosto  1975  (agli  atti
 dell'appellante,   doc.   n.   11)  a  quella  data  non  risultavano
 accreditati in favore dell'interessata i prescritti  1820  contributi
 settimanali  corrispondenti  a  35 anni di contribuzione, ma soltanto
 1278 contributi settimanali (in sostanza poco piu' dei due  terzi  di
 quelli  richiesti), oltre a 252 contributi settimanali per versamenti
 volontrari.
   Infatti nel frattempo la signora  Alberani  era  stata  autorizzata
 dall'Istituto,   con   altra  comunicazione  senza  data  (agli  atti
 dell'appellante,   doc.   n.   9),   alla   prosecuzione   volontaria
 dell'assicurazione.
   2.2.  -  Non  e'  contestata  in  linea di fatto la circostanza che
 costituisce il punto centrale delle argomentazioni, ed insieme  delle
 richieste,  dell'assicurata,  che  cioe' il trattamento pensionistico
 che le e' stato liquidato conteggiando anche i  contributi  volontari
 (e  che percepisce), e' inferiore a quello che le verrebbe attribuito
 se fossero conteggiati i solo contributi assicurativi obbligatori.
   2.3.  -  Come  si  e'  detto,   l'appellante   ha   conseguito   il
 pensionamento con decorrenza dall'agosto 1978.
   Cio' significa che non sono applicabili (a tutto concedere, che non
 sono direttamente applicabili) alla fattispecie concreta le pronunzie
 della  Corte  costituzionaie  26  maggio  1989, n. 307, e 10 novembre
 1992, n. 428 che sanzionano profili di illegittimita' costituzionale,
 per violazione degli artt. 3 e 38 della  Costituzione,  dell'art.  3,
 ottavo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297.
   E'   facile   rilevare   che  questa  normativa  e'  successiva  al
 pensionamento dell'appellante, e  che  il  trattamento  pensionistico
 spettante a questa ultima non e' stato liquidato in base ad essa.
   E' stato liquidato invece sulla base della normativa precedente, in
 concreto  dell'art. 14 della legge 30 aprile 1969, n. 153, cosi' come
 sostituito dall'art.  26  della  legge  3  giugno  1975,  n.  160,  e
 specificamente del terzo comma di esso.
   Si  tratta di valutare se anche per questa norma sia manifestamente
 infondata  la  questione  di   illegittimita'   costituzionale,   con
 riferimento  agli  stessi  articoli  3 e 38 della Costituzione (o, in
 ipotesi, ad altre norme costituzionali).
   Sia il terzo comma dell'art. 8 della legge n.  297  del  1982,  che
 l'art.  14  della  legge  n.  153 del 1969 concernono le modalita' di
 calcolo dei trattamenti di pensione, e specificamente  -  per  quanto
 interessa  ai  fini  di  questa  controversia - la determinazione dei
 periodi di contribuzione da assumere a base della retribuzione  annua
 pensionabile  (da  cui calcolare poi, rapportandola al numero di anni
 di contribuzione ed all'indice di rendimento, il trattamento concreto
 da erogare al pensionato).
   Riassuntivamente nel sistema dell'art. 14 della legge  n.  153  del
 1969  (come  modificato  dalla legge n. 160 del 1975) si prendevano a
 base, per il calcolo delle pensioni decorrenti, come  appunto  quella
 della  signora Alberani, da data posteriore al 31 dicembre 1975 i tre
 migliori anni (per l'esattezza i tre migliori gruppi di 52 settimane)
 di contribuzione tra gli ultimi dieci, mentre nel sistema dell'ottavo
 comma dell'art. 3 della legge n. 297 del 1982, si fa riferimento alle
 "ultime  260  settimane  (in  concreto  agli  ultimi   cinque   anni)
 antecedenti la decorrenza della pensione".
   Va  ricordato  per  completezza  che  invece il primo ed il secondo
 comma dello stesso art. 14 concernono le pensioni decorrenti da  data
 successiva  al  31  dicembre  1968 (ma anteriore al 31 dicembre 1975)
 stabilendo che allora si deve fare riferimento ai tre  migliori  anni
 (per   l'esattezza  ai  tre  migliori  gruppi  di  52  settimane)  di
 contribuzione tra gli ultimi cinque.
   2.4. - Tenuto conto degli importi  spesso  modesti  dei  versamenti
 effettuati  dagli assicurati a titolo di contribuzione volontaria, e'
 evidente che la situazione di fatto lamentata dalla signora Alberani,
 di un minore importo del trattamento  pensionistico  liquidato  sulla
 base  di  tutti  i  contributi  versati,  e  percio'  anche di quelli
 volontari, rispetto a quanto sarebbe stato liquidato  invece  tenendo
 conto  soltanto,  a  questi fini, dei contributi obbligatori, si puo'
 verificare  non  soltanto  nell'ipotesi - gia' sanzionata dalla Corte
 costituzionale con le citate pronunzie n. 307 del 1989 e n.  428  del
 1992  -  di applicazione dell'ottavo comma dell'art. 3 della legge n.
 297/1982 (con conseguente riferimento  agli  ultimi  cinque  anni  di
 contribuzione),  ma  anche  nell'ipotesi, che e' oggetto di causa, di
 applicazione del terzo comma dell'art.  14 (modificato)  della  legge
 n.  153/1969  (con  conseguente  riferimento  ai tre migliori anni di
 contribuzione tra gli ultimi dieci), come pure in  quella  -  per  la
 verita'  estranea  al presente giudizio - di applicazione del primo e
 del secondo comma dello stesso art. 14 (modificato)  della  legge  n.
 153/1969  (con  conseguente  riferimento  ai  tre  migliori  anni  di
 contribuzione tra gli ultimi dieci).
   In realta' qualunque sia il sistema  di  calcolo  puo'  verificarsi
 infatti  che  i  versamenti  effettuati  a  titolo  di  contribuzione
 volontaria, anche recenti ma di modesto importo  unitario,  risultino
 meno   elevati   di  versamenti,  piu'  lontani  nel  tempo  ma  piu'
 consistenti, effettuati a titolo di  contribuzione  obbligatoria  nel
 corso della prestazione di lavoro.
   Sotto  un  diverso  profilo, e' evidente che situazioni questo tipo
 possono verificarsi sia quando sia stata liquidata  una  pensione  di
 anzianita',  come  quella ottenuta dalla signora Alberani nel 1978, a
 54 anni, sia quando venga liquidata invece una pensione di vecchiaia,
 quale l'appellata avrebbe avuto diritto di conseguire  -  secondo  le
 norme  vigenti  all'epoca - l'anno successivo al compimento dell'eta'
 pensionabile dei 55 anni.
   Va ricordato in proposito che le pensioni sia di anzianita' che  di
 vecchiaia sono soggette ad un medesimo sistema di liquidazione, e che
 anzi  per  l'art. 22 della stessa legge n. 153 del 1969 (articolo non
 modificato ne'  dalla  legge  n.  297/1982,  ne'  -  per  quanto  qui
 interessa  -  da altre norme successive) dispone, al sesto comma, che
 "la pensione di anzianita' e' equiparata a  tutti  gli  effetti  alla
 pensione  di  vecchiaia  quando  il  titolare  di  essa compie l'eta'
 stabilita per il pensionamento di vecchiaia".
   3.1.  -  Le  ragioni  che  sono  alla  base  delle  decisioni,   di
 dichiarazione  di parziale illegittimita' costituzionale dell'art. 3,
 ottavo comma, della legge n. 297/1982, adottate dalla  Corte  con  le
 gia'  piu' volte citate pronunzie n. 307/1989 e n. 428/1992, sembrano
 potersi estendere al caso dell'art. 14 della  legge  n.  153/1969,  e
 specificamente del terzo comma di esso.
   Le  fattispecie  risultano  sostanzialmente parallele, assimilabili
 tra di loro ancorche' diverse.
   Ne' appaiono (ne' sono state  prospettate)  differenze  sostanziali
 tali da giustificare l'adozione di soluzioni differenti.
   Puo'  essere  ribadito che tutti i vari sistemi di liquidazione che
 si sono succeduti nel corso degli anni  non  contengono  clausole  di
 salvaguardia  che  valgano a tutelare l'assicurato dal rischio che in
 sede di liquidazione  una  determinazione  della  retribuzione  annua
 pensionabile  basato sull'intera contribuzione anche volontaria porti
 ad un risultato meno favorevole di un calcolo che faccia  riferimento
 invece alla sola contribuzione obbligatoria.
   Logica  vuole  che,  se  ed  in quanto la possibilita' di un simile
 risultato comporti una parziale illegittimita' costituzionale di  una
 certa  norma  che stabilisce un determinato sistema di calcolo, debba
 comportare ugualmente  l'illegittimita'  costituzionale  parziale  di
 un'altra  norma,  che stabilisca un calcolo differente, ma ugualmente
 sottoposto al rischio di portare a quel medesimo risultato.
   Per questo aspetto - in sostanza per quel  che  interessa  ai  fini
 della   presente   controversia  -  non  risultano  (ne'  sono  state
 prospettate) effettive differenze tra i sistemi  di  calcolo  che  si
 sono succeduti nel tempo.
   3.2.  -  Per  la verita' un sistema di liquidazione, come quello da
 applicare nel caso di specie, che, in presenza di  una  contribuzione
 obbligatoria  di  identica  entita'  come durata e come misura, possa
 portare  ad  un  risultato  meno  favorevole  (e  non   invece   piu'
 favorevole)   per   il   lavoratore   assicurato   quando   a  questa
 contribuzione obbligatoria  si  sommi  una  contribuzione  volontaria
 sembra  collidere  in realta' sotto piu' profili con molteplici norme
 costituzionali.
   Appare in contrasto evidente, innanzi tutto,  con  l'art.  3  della
 Costituzione  sulla  parita'  di  trattamento dei cittadini di fronte
 alla  legge,  e  percio'  sulla  illegittimita'  di   differenze   di
 trattamento privi di una base di ragionevolezza.
   Non  vi  e' ragione perche' due lavoratori ottengano un trattamento
 differente di fronte ad una contribuzione,  obbligatoria  ed  imposta
 per legge, identica per durata e per misura.
   Tanto  meno  puo'  essere ragione di un trattamento meno favorevole
 l'avvenuta  prosecuzione  dell'assicurazione  con  il  versamento  di
 contributi ulteriori su base volontaria; come si legge nella sentenza
 della  Corte  costituzionaie  n.  428  del  1992 e' "irragionevole un
 depauperamento   del   trattamento    pensionistico    dovuto    alla
 contribuzione  volontaria  aggiunta  a quella obbligatoria rispetto a
 quello ottenibile con la sola contribuzione obbligatoria".
   La  prosecuzione  dei  versamenti  su  base   volontaria   potrebbe
 giustificare  semmai  un trattamento piu' favorevole, l'erogazione di
 una pensione piu'  elevata  (senza,  forse,  che  quest'ultimo  debba
 essere  considerato  un risultato costituzionalmente necessario, che,
 in altri termini, in presenza di un  sistema  razionale  di  calcolo,
 debba  comunque  essere  assicurata a chi abbia effettuato versamenti
 volontari un trattamento pensionistico piu' favorevole rispetto a chi
 - a parita' di contribuzione obbligatoria - non ne  abbia  effettuati
 versamenti,  o non sia stato autorizzato alla prosecuzione volontaria
 dell'assicurazione).
   3.3. - Esaminato sotto  un  diverso  profilo  un  sistema  che  non
 assicuri  a  tutti  i  lavoratori  un trattamento pensionistico dello
 stesso importo in presenza di un'identica  quantita'  e  qualita'  di
 lavoro    prestato,   e   percio'   di   contribuzione   assicurativa
 obbligatoria, senza che un diverso trattamento  piu'  favorevole  sia
 giustificato  da  ulteriori  versamenti  volontari  (o  da  ulteriori
 contribuzioni figurative),  e  che  anzi  penalizzi  la  prosecuzione
 volontaria della contribuzione, sembra collidere inoltre con il primo
 comma  dell'art.  35  della Costituzione, che sancisce la "tutela del
 lavoro in tutte le sue forme ed appilcazioni", e  con  il  successivo
 art. 38, secondo comma, a norma del quale "i lavoratori hanno diritto
 che  siano  preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze
 di vita" al verificarsi di una serie di  eventi  futuri  che  possono
 compromettere la loro capacita' di lavoro, tra cui l'invalidita' e la
 vecchiaia.
   Come  ha scritto la Corte costituzionale nella sentenza n. 307 dell
 1989,  la  contribuzione  volontaria  mira  non   soltanto   "a   far
 raggiungere  i  requisiti  minimi  di  anzianita' contributiva per il
 diritto a pensione", ma anche a "mantenere costante e intangibile  in
 capo al lavoratore, ai fini del pensionamento, il livello retributivo
 attinto  in  tutta  la  sua  attivita'  lavorativa"  (cosi'  anche la
 precedente sentenza della Corte costituzionale, 23 dicembre 1987,  n.
 574).
   Come  sottolinea  la stessa sentenza n. 307/1989, "e' a questo fine
 che l'art. 9 del  d.P.R.  31  dicembre  1971,  n.  1432,  equipara  i
 contributi  volontari  a quelli obbligatori, ai fini del diritto alle
 prestazioni,  dell'anzianita'  contributiva  e  della  determinazione
 della retribuzione annua pensionabile".
   Una  simile funzione di "salvaguardia dei contenuti economici della
 retribuzione pensionabile" - prosegue ancora la  stessa  pronunzia  -
 viene   "evidentemente  frustrata  ove  la  contribuzione  volontaria
 consegua  l'effetto  di  farla  decrescere,  cosi'   vanificando   le
 aspettative  legittimamente  nutrite  dal  lavoratore  per  il  tempo
 successivo alla cessazione della propria attivita'".
   In  questo  modo  si  verifica  uno  "svuotamento  della   precipua
 finalita'  della  contribuzione  volontaria  ...  che  concorre  alla
 completa attuazione della tutela previdenziale garantita dall'art. 38
 della Costituzione".
   4. - Ne' sembrano sussistere nella fattispecie concreta  ragioni  o
 differenze  di  carattere  sostanziale  che  valgano  a  qualificarla
 specificamente ai fini della risoluzione  del  problema  in  esame  e
 possano  giustificare  soluzioni  diverse  da quelle cui e' giunta la
 Corte costituzionale con le gia' menzionate pronunzie n. 307 del 1989
 e n. 428 del 1992, a proposito del successivo  sistema  di  conteggio
 introdotto con l'art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982.
   Il  riferimento  specifico al trattamento di pensione conseguito in
 costanza di lavoro, che e' alla  base  della  sentenza  di  reiezione
 emessa  dal  Pretore,  e'  contenuto  in  realta'  nella pronunzia n.
 307/1989 della Corte costituzionale, perche' la fattispecie  concreta
 che   aveva   dato   origine   a   quel  giudizio  di  illegittimita'
 costituzionale si riferiva ad un caso  in  cui  il  lavoratore  aveva
 maturato il diritto alla prestazione pensionistica gia' nel corso del
 rapporto  lavorativo,  ma  non  e'  contenuta invece nella successiva
 pronunzia n. 428 del 1992.
   Soprattutto si tratta di un elemento non decisivo, che non vale  ad
 eliminare, o a diminuire, il rilievo delle argomentazioni esposte.
   Indipendentemente dal fatto che il lavoratore avesse gia' raggiunto
 gli estremi per il pensionamento in costanza di rapporto di lavoro, o
 li   abbia   raggiunti  solo  dopo,  anche  a  seguito  della  stessa
 contribuzione volontaria, rimane sempre uguale l'irrazionalita' di un
 sistema  che,  a  parita'  delle  altre   condizioni,   comporti   un
 trattamento   pensionistico  deteriore  per  l'assicurato  che  abbia
 aggiunto  alla  contribuzione  obbligatoria  ulteriori  versamenti  a
 titolo  di  contribuzione  volontaria.   Un simile sistema di calcolo
 appare ugualmente lesivo, oltre che  del  principio  di  uguaglianza,
 anche  della  tutela  del  lavoro  e  delle garanzie previdenziali in
 favore   dei   lavoratori,   indipendentemente   dalla    circostanza
 accidentale  che questi ultimi avessero, o meno, maturato i requisiti
 per il pensionamento gia' durante lo svolgimento della loro attivita'
 lavorativa.
   5.  -  Appare  dunque  non manifestamente infondata l'ipotesi di un
 contrasto della norma che e' necessario applicare per la  risoluzione
 della  fattispecie  concreta  in  esame,  vale a dire l'art. 14 della
 legge 30 aprile 1969, n. 153  (come  sostituito  dall'art.  26  della
 legge  3  giugno 1975, n. 160), e specificamente del suo terzo comma,
 con gli artt.  3,  35,  primo  comma,  e  38,  secondo  comma,  della
 Costituzione.    Si deve dunque sollevare questione di illegittimita'
 costituzionale dell'art. 14 della legge 30 aprile 1969, n. 153  (come
 sostituito  dall'art.  26  della  legge  3  giugno  1975,  n. 160), e
 specificamente del terzo comma di esso, per violazione degli artt. 3,
 35, primo comma,  e  38,  secondo  comma,  della  Costituzione.    Di
 conseguenza,  ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
 il giudizio deve essere sospeso, si debbono trasmettere gli atti alla
 Corte costituzionale per quanto di competenza,  e  si  deve  ordinare
 che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata
 al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri ed ai procuratori delle
 parti costituite, e comunicata ai Presidenti  delle  due  Camere  del
 Parlamento.